- Einstein: follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi (p. 1)
- Siamo definiti dalle cause per cui ci battiamo e dai problemi che cerchiamo di risolvere (p. 39)
- L’innovazione aumenta quando si coltiva la passione per una sfida molto specifica e molto nobile (p. 39)
- Problemi stupidi o banali producono risposte stupide o banali. Ecco perché bisogna pensare in grande (p. 40)
- Le soluzioni innovative emergono per tentativi successivi (p. 40)
- Le organizzazioni innovative sono in grado di rinnovare se stesse in assenza di una crisi (p. 46)
- Un rischio per l’innovazione: la tendenza a iperfinanziare lo status quo (p. 50)
- Un segno dell’innovazione: riposizionare le risorse dai programmi tradizionali alle iniziative che guardano al futuro (p. 51)
- Non si possono creare cose interessanti dove tutto è urgente o dove vige la routine (p. 59)
- L’esigenza di essere “reattivi” frammenta l’attenzione in migliaia di microattività, e non c’è “tempo per pensare” (p. 59)
- Per innovare bisogna inventare incentivi che inducano le persone a ragionare tranquillamente sul futuro (p. 59)
- Miliardi di individui si presentano al loro posto di lavoro, ma troppi di loro sono dei sonnambuli (p. 61)
- L’innovatore non ha paura di dire cose stupide. I suoi discorsi iniziano spesso con: “Non sarebbe bello se…” (p. 63)
- La passione è contagiosa e trasforma le crociate individuali in movimenti di massa (p. 63)
- Ciò che conta di più non è il vantaggio competitivo dell’azienda oggi, ma il vantaggio evolutivo che mantiene nel tempo (p. 111)
- L’eccesso di supervisione soffoca l’innovazione (p. 121)
- Risolvere l’80% di un grosso problema crea molto più valore che scervellarsi sul restante 20% (p. 122)
- L’innovazione richiede apertura mentale, trasparenza e un uso abbondante della comunicazione laterale (p. 128)
- La filosofia della libera sperimentazione: più della metà dei nuovi prodotti lanciati da Google traevano origine da un progetto individuale (p. 123)
- Il caso Google: non isolare il top management dalle opinioni degli operatori di fontline, che sono nella posizione più idonea a percepire gli sviluppi del futuro (p. 131)
- Il caso Google: enfatizzare la logica “prova e impara”, dando il 20 % del tempo per la sperimentazione di nuove idee (p. 131)
- La specializzazione, pur con tutti i suoi benefici, tende a limitare l’apprendimento interdisciplinare che genera idee realmente innovative (p. 163)
- Il coinvolgimento e la passione –en non solo le ricompense monetarie- sono meccanismi fondamentali per la promozione dello sforzo individuale (p. 165)
- Nel XXI secolo, la regolarità non è più causa di una performance superiore (p. 165)
- Ragionamento dell’innovatore: “va benissimo sbagliare quasi sempre se qualche volta si ha veramente ragione” (p. 171)
- Sfruttare il buon senso dei dipendenti. Oggi bisogna dedicare molto tempo al dialogo con il personale di frontline, per apprendere anziché esortare (p. 182)
- Una missione stimolante fa superare l’attrazione gravitazionale del passato e induce al rinnovamento individuale (p. 188)
- Profeti, patriarchi e santi hanno trovato nella loro sacra finalità il coraggio di sopportare privazioni e tragedie per realizzare imprese straordinarie (p. 187)
- In assenza di una finalità di ordine superiore, la tentazione di oltrepassare i confini etici nel perseguire l’interesse può essere irresistibile (p. 188)
- Una buona domanda per affrontare meglio il lavoro: -Che cosa voglio raccontare ai miei figli, oltre al fatto che lavoro sodo e arricchisco gli azionisti? (p. 189)
- L’economia creativa si alimenta con gli scrittori, i tecnologi, gli artisti, i registi, gli editori, gli sviluppatori di videogame e gli stilisti di moda (p. 190)
- L’eterogeneità genera creatività. Quando i simili si incontrano tra di loro, non c’è alcuna scintilla creativa (p. 191)
- Se le città producono più innovazione dei quartieri residenziali è perché sono più eterogenee (p. 191)
- Nel nuovo management la sperimentazione prevale sulla pianificazione (p. 197)
- I mercati sono più dinamici delle gerarchie. Costruite un mercato e gli innovatori arriveranno (p. 197)
- Nel nuovo management tutti hanno il diritto di dissentire. La leadership è diffusa (p. 197)
- I principi del management del secolo XX sono orientati al controllo; quelli del secolo XXI all’adattabilità (p. 197)
- L’unico modo per ottenere credibilità on line è scrivere cose che vogliono leggere in tanti (p. 207)
- Con la tecnologia digitale c’è sempre meno distanza tra la visione creativa e la sua espressione (p. 213)
- La sfida del manager futuro: un po’ più di umiltà e una maggiore aggregazione delle conoscenze dal basso verso l’alto (p. 221)
- La sfida del manager futuro: trovare il modo di raccogliere e integrare il sapere distribuito dell’azienda (p. 221)
- Per potenziare la creatività: favorire che i dipendenti possano dedicare una quota sempre maggiore del proprio tempo a progetti liberamente scelti (p. 229)
- Per l’innovazione: creare un forum interno in cui tutti i dipendenti siano liberi di proporre alternative allo status quo manageriale (p. 271)
- L’innovazione manageriale è troppo importante per essere lasciata agli esperti (p. 272)
- Sotto molti aspetti, il web è la nuova tecnologia del management (p. 273)
- Il web è tutta periferia e niente centro. In questo senso, è un affronto diretto al modello organizzativo predominante (p. 276)
- Sono pronto a scommettere che management 2.0 sarà molto simile a web 2.0 (p. 277)
- In internet la capacità conta più delle credenziali e dei titoli formali (p. 277)
- In internet l’autorità è fluida e legata al valore creato; le uniche gerarchie sono quelle “naturali” (p. 277)
- Il futuro del management? Creare aziende che siano in linea con le esigenze degli esseri umani (p. 279)
Versione Originale: “The Future of Management”, Harvard Business School Press, Boston 2007.
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