16 de abril de 2017

60 tweet sulla “missione digitale” (a cura di Giovanni Tridente e Bruno Mastroianni)

  1. La comunicazione digitale non è un gioco, ma è “la” comunicazione (@DanieleChieffi)
  2. Il posizionamento noi/voi sterilizza il dibattito (@brunomastro)
  3. Nel paradigma digitale ogni membro dell’istituzione – volendo o no – diventa un portavoce (@MCarroggio)
  4. Non si può conversare con una maschera, più si conosce l’interlocutore e più lo scambio funziona (@earriagada)
  5. Prima di lanciarsi, occorre scrutare bene il campo di intervento e meditare sul possibile contributo che si può offrire (@gnntridente)
  6. La presenza su una determinata piattaforma non è mai un obbligo ma è sempre il frutto di una scelta strategica (@VatiRaffo)
  7. Se la Rete viene lasciata a chi radicalizza le posizioni (…), questa è condannata a essere un luogo sempre più radicale (@dbellasio)
  8. Oggi, la comunicazione avviene in una sorta di piazza aperta, dove chiunque ha il diritto di prendere il microfono o di affacciarsi ad ascoltare (@MCarroggio)
  9. Con i social, ciascuno è responsabile del racconto dell’azienda per cui lavora (@DanieleChieffi)
  10. Bisogna comunicare per quello che si è, e non ricalcare la voce di qualcun altro (@VatiRaffo)
  11. Bisogna pensare sempre al contenuto che si vuole trasmettere e non alla tecnologia (@dbellasio)
  12. I contenuti poco preparati e polemici precludono la possibilità di incontri e confronti con nuovi interlocutori (@brunomastro)
  13. La comunicazione sarà sempre meno condizionata da aspetti tecnici e più incentrata sui contenuti, più culturale e meno tecnica (@MCarroggio)
  14. La capacità di dialogare, di entrare nei flussi di comunicazione, è la degna compagna del contenuto (@DanieleChieffi)
  15. Il legittimo (e quasi doveroso) desiderio di “semplificare i concetti” non deve trasformarsi in un’operazione sbrigativa (@gnntridente)
  16. Rotative e telescriventi hanno dato ai mezzi di comunicazione la possibilità di monopolizzare la conversazione sociale nel XX secolo (@earriagada)
  17. Le reti non si costruiscono a caso, ma sono dominate da “hubs”, aggregatori, centri di distribuzione (@earriagada)
  18. In un’ottica digitale, parlare di periferia e di centro non ha senso (@DanieleChieffi)
  19. I nuovi media sono luoghi periferici per eccellenza, perché raccolgono tutto il bacino umano che soffre i marosi della società contemporanea (@gnntridente)
  20. Se prima producevamo messaggi, ora favoriamo temi di conversazione (@earriagada)
  21. Le aziende non sono più produttori di messaggi autoreferenziali, ma soggetti all’interno di una comunità (@DanieleChieffi)
  22. Non ha senso utilizzare questo spazio senza un profondo rispetto per l’altro (@earriagada)
  23. Presentare una questione complessa con un pro e un contro crea una narrativa di facile appeal sul pubblico (@brunomastro)
  24. Le “echo chambers” ricordano le “comunità fortezza” di cui parla Bauman: gruppi di persone che si uniscono in base a un consenso e che si separano da quanti sono diversi da loro (@brunomastro)
  25. Una volta che un utente entra in “modalità contrapposizione” riceve gratificazioni che fungono da “conferme” delle proprie visioni (@brunomastro)
  26. Nella dinamica dello “spazio di contrapposizione” si ha una specie di offuscamento della vista razionale (@brunomastro)
  27. È fondamentale ricordare che da un’onda negativa in Rete non si esce con facilità (@dbellasio)
  28. Se si condividono sempre e solo contenuti omogenei (…) si finirà ad avere un News Feed altamente polarizzato (@brunomastro)
  29. Quando si diffondono solo contenuti polemici si finisce per non raggiungere più le persone che la pensano in modo diverso (@brunomastro)
  30. Se l’obiettivo è quello di generare partecipazione, risulta fondamentale il tono della nostra conversazione (@earriagada)
  31. È spesso nel modo di rispondere e di discutere che i diversi gruppi di opinioni omogenee si distanziano e si escludono a vicenda (@brunomastro)
  32. Occorre ricominciare a vedere lo spazio digitale non come un campo di battaglia ma come un terreno da arare e seminare (@brunomastro)
  33. La logica della partecipazione di qualità (fondata sulla ‘studiositas’) favorisce e potenzia la condivisione (@MCarroggio)
  34. Messaggi positivi, allegri, sono quelli che tendono ad avere più retweet (@earriagada)
  35. Le interazioni delle persone già d’accordo non possono essere considerate alla stregua delle interazioni dei lontani (@brunomastro)
  36. Occorre uscire dal ritrovarsi in gruppi di opinioni omogenee attraverso la ricerca di interlocutori validi e seri, lontani e diversi da noi (@brunomastro)
  37. Quando parliamo di valori fondamentali, nasce spontanea una retorica migliore (@earriagada)
  38. Dobbiamo distinguere tra chi arriva per insultare, chi ha pregiudizi o semplicemente chi ignora chi siamo (@VatiRaffo)
  39. Per i cristiani, l’impegno di annunciatori è accompagnato in pari tempo dall’essere destinatari della medesima Rivelazione (@gnntridente)
  40. Moltiplicare le voci della fede e dei valori è una grande opportunità che ci offre il contesto digitale (@MCarroggio)
  41. Annunciare non significa soltanto enunciare un contenuto, ma comporta un coinvolgimento integrale della persona (@gnntridente)
  42. L’evangelizzazione del sorriso: dare la precedenza agli altri, chiedere perdono, non criticare, mostrare tenerezza (@earriagada)
  43. Parte della cultura comunicativa dei cristiani consiste nell’apportare [alla Rete] una narrativa che dia senso e ragione, e non solo emotività (@MCarroggio)
  44. La testimonianza cristiana può essere declinata con la diffusione di storie di vita alla luce del Vangelo (@gnntridente)
  45. Il Web non è un gioco, ma uno dei mestieri più complicati del mondo (@DanieleChieffi)
  46. Al centro del Web c’è l’interazione con le persone, che richiede bravi comunicatori ma soprattutto ottimi psicologi (@DanieleChieffi)
  47. La comunicazione è diventata competenza di base nella leadership delle istituzioni contemporanee (@MCarroggio)
  48. Raggiungere molte persone è senza dubbio positivo, ma lo è ancora di più il loro grado di coinvolgimento (@VatiRaffo)
  49. La conversione del “reach” in interazione è fondamentale per misurare il grado di successo dei nostri contenuti (@VatiRaffo)
  50. La sfida dei “community manager” è di convertirsi in coach interni delle diverse autorità dell’istituzione (@earriagada)
  51. Il social media manager deve godere di un ampio margine di manovra e una certa delega di fiducia da parte dei suoi capi (@VatiRaffo)
  52. Bisogna conoscere bene le logiche temporali, in modo che il proprio intervento puntuale sia incisivo ed efficace (@gnntridente)
  53. Per ogni crisi la nostra community ci chiederà conto e ragione sui vari profili social (@VatiRaffo)
  54. Bisogna rispondere sempre, anche in maniera interlocutoria, ma facendo comunque capire che ci siamo (@DanieleChieffi)
  55. Nel mondo di Internet non vale tanto la proprietà quanto la condivisione (@earriagada)
  56. Gli strumenti tecnologici abilitano ad una interazione a livello più alto, che però soggettivizza il singolo (@DanieleChieffi)
  57. Nel ciclo virtuoso della comunicazione rimangono fondamentali gli incontri fisici (@dbellasio)
  58. Bisogna concepire il digitale come preambolo e continuità, ma non come sostituzione di un tipo più profondo di ascolto (@MCarroggio)
  59. Il nostro lavoro è quello di farci accettare dalla comunità che vivrebbe comunque senza il nostro apporto comunicativo (@DanieleChieffi)
  60. Un grande vantaggio della Rete è che ci permette di lavorare sul passato, lasciando contenuti di qualità per il futuro (@MCarroggio)


La missione digitale: Comunicazione della Chiesa e social media
A cura di: Giovanni Tridente e Bruno Mastroianni
Edusc 
Roma, 2016

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